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Nome in codice: Rudolph
Parole di Alessio Vaccai ~ Illustrazione di Andrea Innocenti
Posted in Narrazioni on 28 Gennaio 2020 8 min read
Giorni di bromo. La resurrezione lisergica di uno storpio sociale Previous Tecnospurghi S.r.l. Next

Lapponia, 24 dicembre, ore 23:47

Fabbrica dei giocattoli, sala del trono.

Il poderoso calcio volante di Michael Moore colpì in pieno il petto di Santa Claus, che volò all’indietro per circa tre metri e rotolò fino al bordo del pozzo di lava gorgogliante.
Il rumore dei nastri trasportatori posti ai lati della sala rimbalzava sulle pareti glaciali, mentre il regista americano si avvicinava a grandi falcate all’ometto vestito di rosso che a stento riusciva a tirarsi su. Un grosso macchinario dalla forma quadrata e colmo di lucine colorate sfornava pacchetti incartati e infiocchettati i quali, lentamente, scorrevano sui nastri fino ad infilarsi nei cunicoli al limitare della stanza. Aldilà del pozzo, su un altare alto una decina di scalini, splendeva il trono di Babbo Natale.
Michael estrasse la nove millimetri e la puntò al volto sanguinante di Santa Claus.
– Fine dei giochi, Natale. Dammi il Codice! – Intimò con voce ferma sovrastando il lappone. La lava conferiva alla sua faccia madida di sudore un colore rosso vivo.
– È troppo tardi, Moore! – Disse Santa ansimando – Il Natale arriverà tra poco e non potrai far niente per impedirlo! – Cominciò a ridere convulsamente. Il sangue che gli colava dalla bocca era arrivato a sporcare la candida barba.
– Sarà un Natale senza Babbo se non mi dai immediatamente quello che voglio! –
Michael Moore premette la canna della pistola contro la fronte di Santa, fissandolo dritto negli occhi.
Passarono diversi interminabili secondi, poi il rumore di un tacco tredici che si piantava a terra dietro di lui lo fece trasalire.
– Non così in fretta, signor Moore! – Gracchiò una voce di donna alle sue spalle. Seguì il rumore del cane di un revolver che veniva tirato indietro.
– Getti la pistola. – Intimò con fermezza la voce femminile. Michael alzò le mani e gettò l’arma. La nove millimetri scivolò sul pavimento ghiacciato per diversi metri.
Si alzò lentamente e voltandosi vide una signora anziana che stringeva con entrambe le mani una grossa magnum. Indossava un abito da sera nero il cui spacco lasciava scoperta una cadente gamba sinistra. I capelli grigi erano tenuti su da due eleganti bacchette fermacapelli mentre una ricciuta ciocca scendeva dalla fronte, posandosi delicatamente sul volto rugoso.
Il rossetto nero contrastava prepotentemente con il colore chiarissimo della pelle, ma non riusciva a distogliere l’attenzione dall’enorme neo che sporgeva dalla punta del grosso naso aquilino.
Lo sguardo azzurro gelò il sangue nelle vene di Michael.
– Povero sciocco, pensava davvero di poterci fermare? Temo di avere un brutta notizia per lei, signor Moore. Quest’anno avremo il nostro Natale. – La Befana si avvicinò sinuosa al regista, poggiandogli la canna del revolver sotto al mento.
– Peccato che lei non sarà con noi a festeggiarlo. – I loro volti si trovavano a pochi centimetri di distanza. Michael stava sudando freddo, sentiva il cuore battere all’impazzata, il respiro gli si era fatto affannoso. Lei intanto lo fissava con un ghigno compiaciuto sul volto grinzoso, quasi riuscisse a gustare il terrore della sua vittima.
– Tanti auguri, signor Moore – Sibilò la Befana. Michael chiuse gli occhi, pronto a ricevere il colpo di grazia.
Una raffica di colpi esplose nella stanza. Michael Moore sentì il corpo della donna cadergli addosso pesantemente, per poi accasciarsi esanime a terra. Aprendo gli occhi vide, infondo alla stanza, la figura di Cyborg–Lenin che avanzava verso di lui con passo deciso. Il suo braccio–gatling fumava ancora.
– Vladimir! – Esultò Moore. Lenin non si scompose, arrivando davanti al cadavere della Befana e chinandosi su di essa.
– Vladimir, hai… Hai fatto fuori la Befana! – Disse Michael esterrefatto, chinandosi a sua volta.
– Questa non è la Befana, Michael – Rispose freddo il cyborg, strappando la maschera dal volto della donna. Michael rimase di pietra.
– Zuckerberg! – Esclamò esterrefatto. – Ma allora… – La testa di Michael cominciò a macinare pensieri come un tritacarne.
– Esatto, signor Moore – Gracchiò la voce di Babbo Natale alle loro spalle. Si girarono entrambi di scatto. Il vecchio si tirò via la barba, rivelando il suo vero volto.
Non poteva essere. No… non poteva essere lui. Era morto da anni. Tumore al pancreas. Il nome uscì inavvertitamente dalle labbra incredule di Michael: – Steve Jobs…! –
– I miei complimenti, signor Moore. In otto anni nessuno era riuscito a scovarmi.
Ma si dà il caso che lei e il suo tovarish ci siate riusciti. Quindi, viste le circostanze, direi che non mi lasciate altra scelta. – Steve Jobs estrasse un iPhone dalla tasca destra della giacca natalizia.
– Innanzi tutto, mi prenderò cura del vostro amichetto… – Dichiarò battendo le dita sul dispositivo e puntandolo su Cyborg–Lenin.
L’ibrido umano–robot alzò la gatling sul finto Babbo Natale, ma era già troppo tardi. Il suo corpo venne scosso da una serie di tremiti irregolari, qualche scintilla esplose dalle giunture e dalla bocca uscì un grido disumano che sovrastò il rumore delle macchine. Infine si accasciò a terra con lo sguardo vacuo ed il corpo fumante.
– Vladimir! – Gridò Moore gettandosi in ginocchio al fianco del compagno, scuotendo il pesante corpo metallico.
– Le presento il mio nuovo gioiellino: iPhone 66s. novecento giga di memoria, Schermo 16K, scan della retina ed emettitore di impulsi EMP per disabilitare i cyborg. E presto tutti ne avranno uno. – La voce di Jobs non celava la sua eccitazione nel presentare il suo nuovo prodotto.
– Mostro! – Gridò Michael guardando l’ex magnate della Apple con occhi di fuoco.
Steve Jobs ridacchiò, prendendo a camminare lungo il bordo del pozzo di lava, con le mani giunte dietro la schiena.
– Vede, signor Moore, il problema è che la gente ha cominciato a capire il trucco. L’obsolescenza programmata è roba di un secolo fa dopotutto, e creare una serie di dispositivi costosissimi e dal design elegante poteva essere una soluzione agli inizi del duemila. – Jobs si voltò verso Michael.
– Quello che serviva alla Apple era un rimedio duraturo che potesse triplicare i profitti. – Portò la mano destra davanti al volto, chiudendola in un pugno.
– E cos’è che spinge una persona a spendere più di quanto si possa permettere in prodotti assolutamente innecessari? – Chiese Steve Jobs con un sorriso malizioso, reso ancora più maligno dal bagliore della lava che ribolliva alle sue spalle.
– Il Natale… – Rispose Michael a denti stretti, continuando a fissare il suo avversario.
– Ancora esatto, signor Moore! Ogni anno, durante le feste natalizie, le persone spendono centinaia di dollari in oggetti del tutto superflui. Condurre i clienti verso il prodotto giusto da acquistare era la chiave dell’operazione… E chi meglio di Babbo Natale poteva assolvere a tale compito? – Lasciò la domanda in sospeso, voltandosi a fissare il magma che gorgogliava sommessamente.
– Ma il vecchio non volle collaborare. Così lo feci fuori, insieme a quella megera della Befana. Inscenammo la mia morte e presi il suo posto. Da qui rispondevo alle lettere dei bambini, suggerendo loro di lasciar perdere trenini, bambole e macchinine e di chiedere un prodotto Apple da trovare sotto l’albero. – Restò in silenzio ancora per un momento, poi tornò a voltarsi verso Michael.
– Ma adesso basta chiacchierare, si è fatto tardi. Manca un minuto a mezzanotte ed i bravi bambini devono andare a letto se vogliono ricevere il loro regalo. – Cominciò a far scorrere le dita sullo schermo, con quel ghigno malefico ormai impresso sul volto.
Michael si alzò di scatto e corse verso la sua nove millimetri. Si tuffò a terra, raccolse l’arma e scivolando su un fianco, sparò una serie di colpi sul finto Babbo Natale. Due proiettili lo raggiunsero al petto ed uno al ventre. Jobs cadde in ginocchio e sputò del sangue dalla bocca.
– Non potete fermarci, signor Moore… Un… Altro… Mi… Sos…tituirà… – Ed in un ultimo tremito premette il pulsante sullo schermo dell’iPhone. Steve Jobs si lasciò andare oltre il bordo del pozzo, finendo dritto nella lava.
Michael si alzò in piedi e, ansimando, si avvicinò a guardare il corpo del nemico capitalista che veniva inghiottito nel mare di magma. Pensò che l’intera faccenda fosse finita.
Si sbagliava.
Una sirena prese a suonare, le luci cominciarono a lampeggiare di rosso ed una voce robotica femminile echeggiò nella sala.

SESSANTA SECONDI AL LANCIO GLOBALE DEI REGALI DI NATALE

di Alessio Vaccai

Illustrazione in copertina di Andrea Innocenti


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