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Derek morto sul tappeto
Parole di Marcello Manzoni ~ Illustrazione di Costanza Degli Abbati
Posted in Incubi on 13 Giugno 2023 7 min read
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Le grigie nubi rendono ancora più cupa questa notte di metà novembre.
Una notte dannatamente fredda.
Le pesanti gocce sospinte dal vento cadono oblique e il loro crepitio suscita un’atmosfera disturbante.
Le serpeggianti vie, da lì a poche ore percorse da frenetiche vite, sono quasi totalmente deserte.
Nessuno dei pochi nottambuli ancora in giro si soffermerebbe a incrociare lo sguardo con la pioggia, giusto per osservare le ante spalancate di una finestra, al secondo piano di uno dei più signorili edifici del circondario.
Le morbide e asciutte tende, gonfiate dal vento, si insinuano nel salotto, librate in un movimento sussultorio.
L’esile chiarore della città rende sufficientemente visibile la mobilia prossima alla finestra: uno scrittoio di fine Ottocento finemente intarsiato e un tavolino a tre gambe più vecchio che antico.
Il resto dell’arredamento dell’ampio salotto sarebbe visibile, a condizione di essere presente nella stanza, nei pochi attimi di bagliore creati dai lampi.
Tali barlumi si riflettono su un’enorme chiazza d’acqua che si apre lungo il prezioso parquet, proprio rasente alla finestra.
A non più di un ampio passo dall’inusuale macchia, alle spalle del lungo divano disposto al centro della stanza e in parallelo all’ingresso, il corpo di Derek è disteso a terra, ansimante, ormai allo stremo delle forze, forse consapevole del sopraggiungere di una morte inesorabile.
Trascorrono pochi minuti e Derek smette di agitarsi, i suoi ultimi tentativi di salvarsi sono stati inutili.
Gli occhi sbarrati e vitrei sono quelli di un morto.
La stanza è avvolta da un gelido vento funereo proveniente dall’esterno e quel malinconico silenzio non sarebbe neppure fuori luogo in una normale notte, ma non in questa, non per Derek.
Tale quiete infastidisce nella sua indifferenza.
Ci sono situazioni in cui ciò che resta celato, ciò che non si conosce, magari inesistente, fa più paura.
Trovarsi soli in una stanza al buio e immobili attendere che il silenzio si infranga, così da mettersi all’erta.
Ascoltare i battiti del proprio cuore e sentire trasalire la tensione nel momento in cui si riescono a distinguere i propri respiri da quelli di qualcun’altro, paurosamente vicino. 
L’angosciante consapevolezza di non essere soli nella propria abitazione, di essere possibili prede di un indesiderato ospite che ha infranto la sacralità della vostra sicurezza.
Magari tali turbamenti li ha provati anche Derek. Inerme in una stanza buia, in una fredda notte di metà novembre.
Non si può escludere che in quel soggiorno, in questo preciso istante, ci sia una presenza silente nell’oscurità, con lo sguardo fisso sullo sventurato corpo e soddisfatta di aver finalmente appagato i propri istinti più inumani.
Forse proprio quella finestra spalancata ha permesso un agevole accesso nella casa. In fondo l’appartamento è solo al secondo piano e il tubo fluviale posto sulla facciata avrebbe facilitato i movimenti di un malintenzionato.
Solo mere congetture alimentate dall’atmosfera angosciante. L’unico fatto acclarato è la morte di Derek.
L’orologio a pendolo del salotto suona quattro rintocchi. Ancora una dozzina di minuti e la porta d’ingresso si apre.
Susan è di ritorno da una nottata mondana. La donna, superata la soglia, avverte una sensazione di freddo provenire dall’interno della casa. Quel gelo mosso che provocano i treni in corsa.
Susan rimasta immobile sulla soglia per alcuni secondi, tenta di captare possibili rumori provenienti dalla casa, allungando il collo in avanti quasi ad agevolare l’udito.
Il suo primo istinto sarebbe quello di chiedere ad alta voce “C’è qualcuno in casa?”, ma immediatamente convintasi dell’inutilità di quella domanda, decide di farsi forza e allungare la mano nella direzione dell’interruttore della luce.
Chiude alle sue spalle la vecchia porta non blindata e per l’ennesima volta si ripete nella mente che sarebbe il momento di cambiarla.
Pochi fruscii e un clacson in lontananza la inducono a pensare che da qualche parte ci sia una finestra aperta, anche se al momento non riesce a ricordare di averne lasciata una socchiusa prima di uscire.
Stringe con vigore il manico dell’ombrello ancora gocciolante, quasi a convincersi di stare impugnando una spada o comunque qualcosa certamente più utile di un ombrello in caso di bisogno.
Si porta all’ingresso della camera da letto.
Una prima occhiata a luci spente non ha altro effetto che insinuare più dubbi sulla possibile presenza di qualcuno nella stanza. Dopo un profondo respiro, svincola la mano destra dalla salda presa sul manico dell’ombrello e sfiora l’interruttore della luce.
La camera è perfettamente illuminata dalle lampade al neon e Susan nota subito che la finestra è chiusa, persino le tapparelle sono abbassate.
Con passo rapido si porta davanti alla cabina armadio, quindi si assicura che non ci sia anima viva all’interno e appende con cura la giacca.
Susan, ancora armata di ombrello, si avvicina all’ingresso del salotto. Un passo all’interno e svelta clicca il pulsante di una lampada a stelo, questa volta tralascia il lungo respiro prima di varcare la soglia.
La finestra è spalancata e non c’è anima viva nella stanza.
Rilassate finalmente le spalle, la donna allenta la presa dall’ombrello.
Un sorriso si apre sul suo viso, si sente davvero sciocca per essersi così allarmata.
Si muove in direzione della finestra per chiuderla, quando il suo sguardo nota l’estesa chiazza d’acqua lungo il parquet e celato dietro il divano scorge il corpo esanime di Derek.
Susan ha un sussulto e si porta di scatto la mano destra a coprire la bocca.
La donna si inginocchia a fianco a Derek e lo fissa per una manciata di secondi assicurandosi che sia morto.
Con delicatezza lo raccoglie con una mano, mentre con l’altra tira fuori dalla tasca un fazzoletto per avvolgerlo.
Susan osserva prima la finestra aperta, poi il tavolino a tre gambe: sul bordo di esso una vaschetta rettangolare in vetro capovolta e con dell’acqua tuttora contenuta all’interno.
La dinamica degli eventi le pare chiara: una raffica di vento, la finestra dimenticata aperta si spalanca, viene colpita la vaschetta sul tavolino, questa si rovescia e il povero Derek cade indifeso sul duro parquet a morire.
“Povero Derek,” sussurra Susan, mentre ripiega con riguardo il fazzolettino di carta, con il suo pesciolino all’interno. Poi continua a parlare, con tono amareggiato per l’accaduto “Davvero una bella idea mettere la vaschetta sul tavolino così vicino alla finestra.”
Susan decide di afferrare uno strofinaccio e inizia a tamponare con cura il parquet.
“Spero che non sia rovinato.” Riflette la donna, ma subitamente si sente in colpa di dare maggiore attenzione al pavimento, piuttosto che al piccolo Derek.
“Sono stata davvero disattenta! Mi spiace davvero Derek.”
Per quanto si stia impegnando non riesce proprio a ricordare di avere lasciato la finestra aperta, soprattutto con questa serata piovigginosa.
Quindi rimane inginocchiata a riordinare con fare di penitenza.
Nel frattempo, alle sue spalle, una figura rapida la assale.

di Marcello Manzoni

Marcello Manzoni, milanese classe 1982. Vive a Brugherio (MB). Dopo la laurea in Archeologia, non potendo campare di sogni, si è trasferito prima in Finlandia e poi in Germania. Infine, è ritornato in Italia con il meglio delle due esperienze: una moglie finnica e le tazze dei mercatini di Natale di Colonia. Ha pubblicato svariati racconti con Idrovolante Edizioni, Rudis, Terebinto Edizioni, Edizioni del Loggione e con alcune riviste online, tra cui Crack, Smezziamo, Racconti dal Crocevia e Formicaleone. “Le delicate indagini sull’assassinio di Lucio Dalla” è il suo primo romanzo pubblicato.

Illustrazione di Costanza Degli Abbati

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