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Feccia
Parole di Edoardo Gazzoni ~ Illustrazione di Andrea Innocenti
Posted in Poesia on 15 Luglio 2020 2 min read
Tra valore e pubblico Previous Solitudine di un foglio accartocciato Next

Tappezzeria

Anche le case più tristi
hanno arredi felici,
usati come foto per mentire
a chi suona chiedendo come va?,
mentre prende un caffè e cinque minuti
al tempo della guerra dei sorrisi.
Una calamita scherzosa sul frigo,
la cornice di pasta e i ricordi in occhiali
da sole che servono a sostenere
lo sguardo pettegolo del vicino.

Ma quando spegni la luce
e il letto suona vuoto e accaldato,
come ti guardano quei pezzi?

La plastica sembra sciogliersi
mentre le palpebre chiedono una tregua.
Dona loro le lacrime dei tuoi rimpianti
e con le mani stringi le orecchie per non sentirne il peso.


Il continuista

La betoniera stanca fuma
che la sera la rilassa,
sgranocchia, poi passa l’ultimo fiato di catrame.
I sassi neri sono denti da eroina.
Piovono denti tra le cicche in terra, fumano ancora
come appartamenti razziati un’ora prima
dalla furia di due labbra dedite al tiro.
Labbra che corrono, scappano nella radura
della chiacchiera da pausa pranzo.
Il fine turno, un sogno che alberga
in una stanza da poco, quella che ti puoi permettere:
un desco e un fornello mono fuoco.

La betoniera stanca ha smesso di fumare,
la mattina raffredda l’ultimo afflato di bollore,
un’ora prima che riprenda a girare.
La tua unica ora la detta lei,
mentre il suono di una vanga sulla sabbia
ha l’orrore dell’arenarsi.


Protesta

Ed ecco, infranti alle scale dei giorni,
i ricordi di chi resta. Non fanno che attendere una storia.
Abbiamo memoria degli anni?
Dove sono gli ideali gridati,
il pugno alzato e l’orgoglio
di sentirsi dalla parte del giusto?

La realtà di chi attende un documento è diversa.
Ci si insulta per un letto, e un legame è un legame
per il tempo di un soffio. Quello che spazza via
il rispetto per sé stessi e costringe a mostrarsi
nell’estremo bisogno di un grazie.

Umiliati, nella necessità della speranza,
ci si addentra in una bonomia
che nasconde vergogna.
L’ira affiora carsica, attesa.
Ed è solo paura a parlare, mentre intorno
ogni volto e ogni voce si fa pianto e rumore.

È la riva atroce di chi conta soltanto
sull’illuso appellarsi alla grazia di un gesto,
o di un giudice istruttore
di cui non sa pronunciare il nome.   

di Edoardo Gazzoni

Illustrazione in copertina di Andrea Innocenti


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